L’oblìo delle competenze specialistiche. La solitudine dei numeri mille.

Molti colleghi mi chiedono chiarimenti. Numerosi mi scrivono o telepaticamente mi coinvolgono

con il loro flusso negativo che li pervade da giorni.

Avverto quasi una cefalea particolare, speciale e mai quanto in questo periodo, direi specialistica!

Mi chiedo ancora, cosa voglia dire “collega”. Me lo ripeto tra me e me, quasi solo col labiale (guardandomi intorno per paura di sguardi indiscreti); penso a cercare significati eruditi e la mente non smette mai di spaziare, ma ritorna indietro carica di sentimento.

Mi sovvengono significati come: “unione”, “unità”, “collegamento”, “condivisione”, “partecipazione”…………

Non tutto però, si può esprimere a parole: un sentimento, spesso rimane chiuso e pulsante in noi stessi, fino al momento in cui lo metti in pratica. Fino a quando non ti adoperi, ed esprimi giornalmente a gesti tutto ciò per cui hai studiato e hai sacrificato vita e famiglia.

Quale repressione più grande, di una passione non manifestata? Un senso di disgregamento sale dal suolo e ci avvolge come nebbia, dal terreno già seminato in anni e anni di duri sacrifici e lotte intestine, di cambiamenti, di innovazioni e riconoscimenti professionali.

Migliaia di pensieri, quasi avverto, qual è il numero degli infermieri che hanno negli ultimi anni sognato, sperato, sacrificato, pagato, ed infine “obliàto” un Master specialistico di I Livello, con l’intento, come indicato dall’ordinamento didattico dell’Ateneo, di “spendere” in ambito giuridico la conoscenza acquisita.

Mi chiedono:”La pergamena sarà solo un pezzo di carta senza valore?”.

“Saremo scavalcati da chi ha la Laurea Magistrale che non prevede nessuna preparazione specialistica in queste materie?”.

“Un vero sconforto dopo la notizia dell’accordo!”.

C’è anche la voce di chi è in “corsa” per ragiungere la mèta agognata. Manca poco all’esame finale, ma lo scoramento è troppo grande, tanto da essere tentato di abbandonare.

Chi addirittura mi dice che, in base ai propri impegni e per cause personali, sta prolungando “fuori corso” il raggiungimento dell’obiettivo.

Ciò che unisce un gran numero di infermieri và al di là di una parola, la ricerca comune di un benessere interno, innanzitutto ci deve guidare. La trasparenza dei nostri pensieri deve rifulgere dallo specchio dove “unione”, “unità”, “collegamento”, “condivisione”, “partecipazione”…………

si mostra in tutto il loro splendore.

Al fine, andiamo avanti, noi migliaia. Nella nostra solitudine del sapere, qualcuno ci coglierà, qualcosa cambierà e non ci sentiremo più soli col proprio bagaglio tanto prezioso quanto inutilmente appesantito dal cruccio di qualche ex-“collega”.

Non demordiamo, ma uniamoci adesso, prima che sia troppo tardi.

Andiamo avanti nei nostri progetti. Continuiamo a conoscere, a indagare il sapere per adoperarci nel nostro nobile lavoro.

Siamo innanzitutto, e non facciamo gli Infermieri.

Di questi tempi è essenziale essere e non fare, per niente far finta di fare, necessariamente non fingere.

Assolutamente vietato “oblìare” in noi stessi.

Giovanni Trianni Ufficio Stampa Apsilef

Share this post