IL “PARADIGMA” ATTRATTIVO DELLA QUESTIONE INFERMIERISTICA

La “questione infermieristica”.

Sorgono spontanee alcune considerazioni meritevoli di riflessioni che ultimamente generano anche sentimenti svilenti e demotivanti per i professionisti sanitari, in questo caso gli Infermieri.

Sembra di rivivere gli anni in cui si spingeva alla formazione infermieristica universitaria per le medesime motivazioni (tra le principali, la crescita professionale vista come la panacea di tutti i problemi che affliggevano la professione); ma a differenza di circa trent’anni fa, oggi gli infermieri sono già dei professionisti con adeguata e comprovata formazione universitaria, anche in ambito specialistico,  a dimostrarlo vi è il fatto che gli infermieri italiani risultano essere tra i più richiesti all’estero, basta consultare il web e leggere alcuni articoli di testate giornalistiche italiane on-line, (tra le tante https://www.nurse24.it/infermiere/lavorare-come-infermiere/lavorare-all-estero.html  –  https://nuvola.corriere.it/2022/04/06/infermieri-italiani-in-fuga-allestero/ ).

È apodittico, leggendo i precitati articoli, che la “questione infermieristica” non è risolvibile attraverso una ulteriore riforma dell’ordinamento didattico che miri ad una iper professionalizzazione, ma bensì, razionalizzando, attraverso una volontà politico-sanitaria che miri a tenersi “stretti” i professionisti che annualmente “sfornano” le nostre Università, dopo dei percorsi ad och, prevedendo tangibili gratificazioni economico-professionali (tra cui aumento della remunerazione base e progressioni di carriera anche in ambito universitario). Analizzando la situazione, il nostro sistema politico-sanitario, ingrato nei confronti della professione infermieristica, spinge i professionisti a scegliere tra tre possibili soluzioni: rimanere e prestare la propria opera intellettuale in un paese che avvilisce da decenni la professione infermieristica (consideriamo le varie situazioni di demansionamento che quotidianamente si verificano ancora nelle strutture sanitarie pubbliche o private), seppur meritevole di maggiore considerazione; decidere di abbandonare la professione per cui sono state spese energie psicofisiche ed è stato investito tempo e denaro; recarsi all’estero dove vi è un congruo riconoscimento in termini economici e di carriera, scelta optata da circa 7 mila infermieri italiani (fonte https://nuvola.corriere.it/2022/04/06/infermieri-italiani-in-fuga-allestero/ ).

La soluzione non consiste, in base a quanto si evince, nell’iper professionalizzare gli infermieri, già adeguatamente preparati viste le richieste che pervengono dall’estero (soluzione che tra l’altro rischierebbe di far precipitare i professionisti ancor più nel baratro della insoddisfazione professionale visto che in molti sono coloro che non riescono, per via delle scelte politico-sanitarie a livello nazionale, a mettere in pratica quotidianamente le proprie competenze e conoscenze!),  ma nel rendere “appetibile” la scelta di espletare tale professione intellettuale in Italia evitando che i professionisti siano costretti a recarsi all’estero o addirittura ad abbandonare la professione.

Occorre precisare che tale impasse non giova a nessuno, soprattutto ai cittadini a cui deve essere costituzionalmente garantita la tutela della salute in modo equo, e che la scelta, nelle more di trovare una soluzione alla “questione infermieristica”, di ripiegare su infermieri che hanno acquisito il titolo accademico attraverso un percorso non in linea con l’ordinamento didattico italiano, perché privo di attività di tirocinio (!!!), e che non conoscono adeguatamente la lingua italiana (!!!), possa determinare nocumento al cittadino che si troverà ad usufruire di un’assistenza non equa.

Si auspica che la FNOPI voglia optare per una scelta di “paradigmi” più concreti e realistici che possano effettivamente sanare la “questione infermieristica”. 

Uff. Stampa e Comunicazione – Inf. Leg. For. Dott. Savino Dilillo


		

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