Sentenza n. 9393 del 10 marzo 2020- quinta sezione penale

Dott.sa Eleonora Donadio

Infermiere Legale Forense

Consiglio direttivo APSILEF

Coord. Ufficio stampa e Comunicazione APSILEF

Resp.Gruppo regionale Emilia Romagna APSILEF

Rivestono la qualifica di incaricati di un pubblico servizio infermieri ed operatori tecnici addetti all’assistenza, con rapporto diretto e personale, del malato. Tale inquadramento non risulta scalfito dal fatto che l’espletamento di tale attività sanitaria avvenga in strutture private accreditate…. poiché la rilevanza pubblica dell’attività svolta non risulta eliminata.

Il caso

Il fatto trae origine dal ricorso presentato da due Infermieri assunti alle dipendenze di Casa di Cura (la quale, peraltro, a seguito dei fatti contestati anche disciplinarmente, irrogava, in qualità di datrice, la sanzione espulsiva).

La Corte d’Appello di Salerno con sentenza dell’11.12.2018 confermava la sentenza del Tribunale di Salerno del 20.06.2017 con la quale due Infermieri venivano condannati alla pena di mesi nove di reclusione, per i reati di cui agli artt. 476 e 479 c.p. per avere entrambi, quali dipendenti di una Casa di Cura (il primo quale esecutore materiale ed il secondo quale istigatore), effettuato false attestazioni nelle schede infermieristiche.

Più precisamente la condanna scaturiva dal fatto che

  • il primo Infermiere, su istigazione del secondo, attestava nelle schede infermieristiche i valori della diuresi e delle verifiche posturali eseguite su alcuni pazienti;
  • la quantità delle urine raccolte nella sacca era diversa da quella riportata nella scheda;
  • il primo Infermiere apponeva sulle schede anche la firma del secondo;
  • risultava già annotato il dato della diuresi del paziente in ordine alle ore notturne, però ancora non trascorse;
  • la firma apposta sulla scheda era quella dell’ Infermiere (il secondo), ancora non in servizio.

Avverso la sentenza di condanna proponevano ricorso per cassazione gli imputati, a mezzo del difensore di fiducia, perorando che l’ Infermiere dipendente della Casa di Cura non è investito di funzioni pubblicistiche alla stregua del dipendente pubblico (da cui l’insussistenza del reato) e che dunque le cartelle redatte dal personale di strutture private sono assimilabili a scrittura privata (ricadente sotto regime art. 485 c.p., invero abrogato dal D.Lgs 15 gennaio 2016 n.7).

I giudici di legittimità – quinta sezione penale- con la sentenza de qua, n. 9393 del 10 marzo 2020, mutuando un orientamento ormai consolidato in giurisprudenza, hanno affermato che l’infermiere, in ragione dell’attività espletata, riveste la qualità di incaricato di pubblico servizio, in quanto tale attività persegue finalità pubbliche di rilievo costituzionale, garantendo il diritto alla salute, ai sensi dell’art. 32 Cost.[1] e, come evidenziato dalla L. n. 251 del 2000, art. 1[2] si inscrive appunto in un’attività diretta alla prevenzione, alla cura e salvaguardia della salute individuale e collettiva.

Nel momento in cui l’infermiere redige la cartella infermieristica esercita anche un’attività amministrativa con poteri certificativi assimilabili a quelli del P.U..

La cartella infermieristica e le schede che la compongono, contiene la registrazione dei dati, dei rilievi effettuati, delle informazioni raccolte, e l’insieme dei documenti di pertinenza infermieristica in relazione ad un determinato paziente, contribuendo ad assicurare il piano di assistenza personalizzato dello stesso.

La cartella infermieristica e le schede che di essa fanno parte è componente integrante della cartella clinica, in quanto completa la documentazione sanitaria del paziente e andrà ricongiunta con l’archiviazione, ad essa. Costituendo, dunque, parte integrante della cartella clinica ne condivide la natura di atto pubblico munito di fede privilegiata (Sez. 5, n. 31858 del 16/04/2009 Rv. 244907), con riferimento alla sua provenienza e ai fatti da questi attestati come avvenuti in presenza dell’autore.

La Corte ha evidenziato come debba essere riconosciuta la qualifica di incaricati di un pubblico servizio ad infermieri ed operatori tecnici addetti all’assistenza, con rapporto diretto e personale, del malato. Tale inquadramento non risulta scalfito dal fatto che l’espletamento di tale attività sanitaria avvenga in strutture private accreditate (come quella nella quale si sono svolti i fatti), ovvero che per essa si sia fatto ricorso a strumenti privatistici, o comunque che la disciplina del rapporto di lavoro sia retta dalle norme del codice civile, poiché la rilevanza pubblica dell’attività svolta non risulta eliminata, siccome determinata dalle oggettive finalità di tutela e dal rapporto diretto e personale dell’infermiere con il malato.

Dott.sa Eleonora Donadio

Infermiere Legale Forense


[1] La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.

https://www.governo.it/it/costituzione-italiana/parte-prima-diritti-e-doveri-dei-cittadini/titolo-ii-rapporti-etico-sociali

[2] Art. 1.Professioni sanitarie infermieristiche e professione sanitaria ostetrica. Gli operatori delle professioni sanitarie dell’area delle scienze infermieristiche e della professione sanitaria ostetrica svolgono con autonomia professionale attività dirette alla prevenzione, alla cura e  salvaguardia della salute individuale e collettiva, espletando le funzioni individuate dalle norme istitutive dei relativi profili professionali nonché dagli specifici codici deontologici ed utilizzando metodologie di pianificazione per obiettivi dell’assistenza

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