La responsabilità civile riguarda, a differenza della responsabilità penale, non tanto i diritti fondamentali della collettività, quanto piuttosto l’esigenza che chi subisce un danno possa essere congruamente risarcito. Qui non importa tanto chi fa fronte alla sanzione patrimoniale risarcendo il danno alla vittima (sanitario, assicurazione, un terzo estraneo, …etc), ma conta che vi sia un risarcimento congruo e rapido.
Si distinguono, dunque, due tipi di responsabilità civile: contrattuale ed extracontrattuale, definite da due specifici articoli del Codice che qui si riportano.
Responsabilità Contrattuale – art. 1218 codice civile: “il debitore che non esegue esattamente la prestazione è tenuto al risarcimento del danno, se non prova che l’inadempimento o il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile”.
Responsabilità Extracontrattuale – art. 2043 codice civile: “qualunque fatto doloso o colposo che cagiona ad altri un danno ingiusto obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno”.
La distinzione teorica di cui sopra ha delle importanti conseguenze sul piano pratico della tutela dei diritti. Infatti, nella responsabilità extracontrattuale (detta anche aquiliana) il paziente che muove causa deve rigorosamente dimostrare gli errori del sanitario ed il nesso causale tra questi ed il danno subito. Inquadrando invece l’ipotesi di danno nella responsabilità contrattuale, è sufficiente per il paziente dare la prova del danno e del fatto che il danno si sia manifestato in occasione della cura: sarà pio il sanitario (e, con lui, la struttura in cui egli opera) a doversi difendere fornendo egli stesso la prova che tutti i suoi comportamenti professionali sono stati improntati alla diligenza professionale che ci si poteva aspettare e che quindi in danno è derivato da cause da lui indipendenti (c.d. inversione dell’onere della prova).
Sulla annosa questione del tipo (contrattuale od extracontrattuale) della responsabilità ascrivibile al sanitario, in considerazione del fatto che l’errore da egli commesso è lesivo di un bene giuridico assoluto come la salute (art. 32, Cost.; art. 1, legge 23/12/1978, 833), l’impostazione più recente che viene costantemente adottata nelle aule di giustizia è quella di sovrapporre le due azioni, aquiliana e contrattuale, per evitare che il danneggiato risulti penalizzato dalla applicazione del rigido regime della responsabilità extracontrattuale sopra visto. In tale impostazione, mentre si discute ancora sulla natura della responsabilità del singolo sanitario, è ormai assolutamente pacifico che quella della struttura sanitaria è di tipo contrattuale e quindi è buona norma citare sempre in giudizio, oltre al presunto sanitario che avrebbe sbagliato, anche la azienda sanitaria ove egli prestava attività al momento del fatto.
Si consideri poi che l’azione contrattuale si prescrive in dieci anni dal fatto, mentre quella extracontrattuale in soli cinque anni. In altre parole, è oggi possibile muovere causa ad una struttura sanitaria, per un presunto errore che risale a dieci anni, 11 mesi e 29 giorni addietro.
Fonti:
Altalex.com
Diritto.it