La condanna di un ostetrico e di una ginecologa per lesioni ad un neonato

CassazionePenale-NewsCASUS DECISUS

Con sentenza in data 3 marzo 2015 la Corte d’Appello di Milano confermava la pronuncia di condanna resa dal locale Tribunale nei confronti di un ostetrico e una ginecologa per aver cagionato ad un bimbo al momento della nascita lesioni personali gravissime, con esiti permanenti, per non avevano prestato adeguata assistenza al parto, intervenendo in ritardo e con incongrua manovra di estrazione del feto. Entrambi gli imputati ricorrevano in Cassazione el’infermiere ostetrico, in particolare, denunciava errata applicazione del principio dell’affidamento e della cooperazione nel delitto colposo; la Corte aveva ritenuto irrilevante chi avesse effettuato la manovra di estrazione del feto mentre era certo che era stata eseguita dal medico che, una volta giunto in sala parto, aveva eliminato la competenza professionale dell’ostetrico, che non aveva al momento alcuna possibilità di contrastare l’operato della ginecologa.
 
Un infermiere ostetrico e una ginecologa causano durante il parto lesioni permanenti al bambino, per essere intervenuti in ritardo nell’estrazione del feto: entrambi rispondono delle lesioni riportate del feto? Questa la questione analizzata dai giudici di legittimità nella sentenza in epigrafe. Nell’occasione la Suprema Corte evidenzia che le condotte degli imputati debbono essere vagliate separatamente, in base ai profili di colpa a ciascuno contestati e secondo l’apporto causale del comportamento del singolo rispetto all’evento lesivo, non essendo corretta in diritto la generica affermazione dei giudici di merito secondo la quale nel lavoro di èquipe ogni operatore risponde dell’operato comune dovuto alla condotta altrui. Infatti, la giurisprudenza di legittimità ha più volte affermato che la responsabilità penale di ciascun componente di una èquipe medica per un evento lesivo occorso al paziente sottoposto ad intervento chirurgico non può essere affermata sulla base dell’accertamento di un errore diagnostico genericamente attribuito alla èquipe nel suo complesso, ma va legata alla valutazione delle concrete mansioni di ciascun componente, nella prospettiva di verifica, in concreto, dei limiti oltre che del suo operato, anche di quello degli altri. Nell’ipotesi di cooperazione multidisciplinare, ancorché non svolta contestualmente, ogni sanitario è tenuto, oltre che al rispetto dei canoni di diligenza e prudenza connessi alle specifiche mansioni svolte, all’osservanza degli obblighi derivanti dalla convergenza di tutte le attività verso il fine comune ed unico. Ne consegue che ogni sanitario non può esimersi dal conoscere e valutare l’attività precedente o contestuale svolta da altro collega, sia pure specialista in altra disciplina, e dal controllarne la correttezza, se del caso ponendo rimedio ad errori altrui che siano evidenti e non settoriali, rilevabili ed emendabili con l’ausilio delle comuni conoscenze scientifiche del professionista medio. In altri termini, nei casi in cui alla cura del paziente concorrono, con interventi non necessariamente omologabili, più sanitari, l’accertamento del nesso causale rispetto all’evento verificatosi deve essere compiuto con riguardo alla condotta e al ruolo di ciascuno, non potendosi configurare una responsabilità di gruppo in base ad un ragionamento aprioristico. Ciò perché in tema di causalità della colpa, quando la ricostruzione del comportamento alternativo lecito idoneo ad impedire l’evento deve essere compiuta nella prospettiva della interazione tra più soggetti, sui quali incombe l’obbligo di adempiere allo stesso dovere o a doveri tra loro collegati, la valutazione della condotta di colui che è tenuto ad attivare altri va valutata assumendo che il soggetto che da esso sarebbe stato attivato avrebbe agito correttamente, in conformità al parametro dell’agente “modello”. Poiché nella specie si assume che l’evento lesivo sia conseguito ad attività poste in essere nel medesimo contesto temporale tra due soggetti, che operavano congiuntamente e ciascuno dei quali era titolare di un’autonoma posizione di garanzia, è necessario accertare se,e a quali condizioni ciascun imputato, oltre ad essere tenuto per la propria parte al rispetto delle regole di cautela e delle leges artis previste con riferimento alle sue specifiche mansioni, debba essere tenuto anche a farsi carico delle manchevolezze dell’altro componente dell’èquipe o possa viceversa fare affidamento sulla corretta esecuzione dei compiti altrui. Sulla base di tali principi la Corte annulla con rinvio la sentenza nei confronti dell’ostetrico e il giudice dovrà valutare se l’infermiere procedette in ritardo ad avvisare la ginecologa e se le lesioni subite dal bimbo alla nascita dipesero esclusivamente dalla errata manovra di estrazione del feto, manovra compiuta solo dalla ginecologa.
 
 
Fonte: Neldiritto.it

 

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